Una ragazza bionda, con una felpa rossa, si trova al bordo di un fiume. Accanto a sé, un secchio di plastica, colmo di cuccioli di cane. Ne prende uno e lo lancia con violenza in acqua. E poi un altro, un altro e un altro ancora. Una terribile azione ripetuta varie volte, il tutto ripreso con una videocamera.
La scena è di quelle che non possono non turbare gli amanti degli animali ma soprattutto tutti coloro che inoridiscono dinanzi alla violenza perpetrata ai danni dei più deboli. Il video ha fatto il giro sul web e ora si cerca la responsabile, anche perché tale gesto non può restare certo impunito.
Il motivo che rende quest’azione e tante altre, di questo tipo particolarmente odiose, è che gli esseri umani, differentemente dagli altri esseri viventi, sono pienamente consapevoli del male che possono causare.
Quando gli uomini, “creature intelligenti”, disprezzano la vita altrui, non fanno che offendere, ferire, umiliare, la dignità e la fragilità di un bambino, di un anziano o di un animale. In quel caso, lo smarrimento è grande, perché ci si pone in un limbo in cui non è più facile riconoscersi.
La violenza sugli animali, inoltre, ha radici molto più profonde e lontane. Per molti ragazzi (e non solo), la sopraffazione, rientra in atteggiamenti tradizionali e stereotipati presenti nella nostra cultura che proprio nel rapporto uomo-animale giustifica e minimizza episodi anche molto violenti come “socialmente accettabili”.
Di alcuni adolescenti, si percepisce una totale incapacità a riconoscere la propria aggressività e a quel punto la brutalità sugli animali, spesso, travalica il concetto “tradizionale” oltre cui è consentito spingersi, tanto grande è il bisogno di sentirsi forti, la paura e il disprezzo della diversità.
Ciò che è allarmante è che tale fenomeno è in crescente aumento per cui non andrebbe sottovalutato. La conferma, oltre gli studi condotti, è data anche da un rapporto presentato dal professor Frank R. Ascione, della Utah State University e pubblicato dall’ufficio federale per la giustizia giovanile e la prevenzione della delinquenza, il quale ha sottolineato che, in occasione delle sparatorie avvenute nelle scuole fra il 1996 e il 1999, undici dei ragazzi coinvolti, avevano alle spalle storie di abusi sugli animali.
Sempre l’FBI ha stabilito che gli assassini una volta interrogati, dichiarano in gran numero (almeno un terzo), di aver torturato o ucciso animali durante l’infanzia e di questi quasi la metà, di averlo fatto durante l’adolescenza.